«…il convenuto non doveva costituirsi 20 giorni prima per proporre domanda riconvenzionale. Nel procedimento avanti al giudice di pace, l’art. 319 cod. proc. civ. consente alle parti di costituirsi in cancelleria o in udienza, garantendo loro libertà di forme…».
Libertà di forme nel giudizio dinanzi al Giudice di Pace: in altri e più chiari termini, nei giudizi dinanzi al giudice di pace non è applicabile l’articolo 166 c.p.c., che impone al convenuto la costituzione almeno 20 giorni prima dell’udienza, e dunque la decadenza ex art. 167, comma secondo c.p.c., di talché la domanda riconvenzionale può essere proposta alla prima udienza, ma non oltre questa. Infatti, a norma dell’art. 320 c.p.c., la prima udienza rappresenta il limite ultimo per le deduzioni delle parti, salvo il rinvio ad una nuova udienza “quando sia reso necessario dalle attività delle parti” nella prima.
E’ quanto emerge dalla ordinanza della 6^ Sezione della Suprema Corte[1] che ha cassato con rinvio la sentenza di merito con la quale il giudice dell’appello era caduto in errore ritenendo inammissibile la domanda riconvenzionale, perché tardiva, in quanto il convenuto si era costituito in primo grado solo all’udienza di prima comparizione e così la riconvenzionale risultava proposta, riteneva il giudice dell’appello, oltre il termine prescritto a pena di decadenza dall’articolo 167 secondo comma c.p.c..
Ancora, non distinguendo tra udienza di prima comparizione e udienza di prima trattazione, «l’art. 320 cod. proc. civ. concentra nella prima udienza tutta l’attività processuale delle parti (quali la precisazione dei fatti, la produzione dei documenti e le richieste istruttorie), consentendo (ai sensi del quarto comma) il rinvio a successiva udienza solamente quando, in relazione all’attività svolta, risultino necessarie ulteriori produzioni o richieste di prove».
Parola dunque al giudice del rinvio.
[1] 09.05.2018 n. 11025